Onorevoli Colleghi! - Le manifestazioni «sindacali», ma anche indipendenti, alle quali hanno dato vita in questi mesi centinaia di migliaia di pensionati italiani hanno come obbiettivo prioritario il recupero del potere d'acquisto delle pensioni. Infatti, a fronte degli interventi concreti adottati dal precedente Governo nei confronti di una platea vastissima di pensionati titolari di trattamenti minimi, ad oggi il Governo Prodi si è distinto per l'assenza di provvedimenti concreti capaci di fare fronte al problema.
      Peraltro occorre anche dire che, dinanzi a un disagio crescente dei pensionati italiani, è arrivato il momento di pensare a un provvedimento organico che si ponga la finalità strategica di mettere in campo uno strumento automatico di rivalutazione dei trattamenti pensionistici: è l'unico modo per garantire una effettiva tutela del potere d'acquisto delle pensioni.
      In proposito è il caso di ricordare la sentenza n. 1 del 1991, con la quale la Corte costituzionale ha ribadito il principio che la pensione deve intendersi come «retribuzione differita», e, come tale, deve conservare inalterato nel tempo il suo rapporto fisso con l'andamento dei prezzi al consumo e con le retribuzioni dei lavoratori in costanza di servizio.
      Disattendere il principio affermato dalla Consulta significa perpetuare l'odioso e incostituzionale perverso sistema delle cosiddette «pensioni d'annata», che sino ad oggi ha provocato assurde diversità di trattamento anche tra pensioni con pari anzianità di servizio e di grado, per chiamare poi il Parlamento di volta in volta a emanare provvedimenti perequativi «tampone» che, comunque, hanno sempre lasciato insoluto il problema sostanziale, cioè quello di elaborare un meccanismo automatico di «aggancio» delle pensioni

 

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alla dinamica delle retribuzioni del personale in servizio.
      Sarebbe un errore imperdonabile lasciare irrisolto il problema della «perequazione pensionistica».
      Occorre ormai dare riconoscimento legislativo al principio costituzionale dell'unicità del mondo del lavoro, nel senso del superamento della distinzione tra lavoratori in servizio e lavoratori in quiescenza, che attribuisce solo ai primi il diritto del sistematico adeguamento del trattamento economico.
      Questo principio non ha trovato sino ad oggi seria considerazione poiché, si dice, tale «aggancio» produrrebbe oneri troppo gravosi sul costo del lavoro.
      La replica è molto semplice: ci sono molti «luoghi» del bilancio dello Stato dove reperire risorse per fare in modo che si dia applicazione a un inderogabile principio costituzionale, sancito dagli articoli 3, 36 e 38 della Carta fondamentale della Repubblica.
      Le polemiche di queste settimane in ordine ai «costi della politica» offrono più di un elemento probatorio.
      Si tratta, pertanto, di un atto di volontà politica.
      Si auspica che il Parlamento se ne dimostri capace nell'interesse di milioni di cittadini e delle fasce più indifese della popolazione. Infatti, solo così potremo risolvere una volta per tutte il problema delle «pensioni d'annata» e rispettare la parità di diritti dei lavoratori e dei pensionati, come prescritto dai ricordati articoli 3, 36 e 38 della Costituzione.
 

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